Giornata mondiale degli insegnanti 2022: ''Più libertà e stipendi più equi''

Giornata mondiale degli insegnanti 2022: ''Più libertà e stipendi più equi''

Al centro del World Teachers' Day 2022 le tematiche della libertà d'insegnamento e della valorizzazione della figura del docente, attraverso compensi più equi; in Italia, ad esempio, lo stipendio medio di un insegnante è ancora sotto la media europea

 

Si celebra il 5 ottobre la Giornata mondiale degli insegnanti, istituita dall'UNESCO nel 1994 per commemorare la sottoscrizione delle Raccomandazioni sullo status di insegnante, avvenuta nel 1966 e contenente le principali indicazioni sui diritti e i doveri della figura del docente.

Il tema del World Teachers' Day 2022 è "Insegnare in libertà, dare maggior potere agli insegnanti".

Ma cosa vuol dire nello specifico? "L'insegnante - scrive Irina Bokova, direttore generale dell'UNESCO - è il fondamento essenziale della forza a lungo termine di ogni società: tuttavia, in tutto il mondo troppi insegnanti non hanno la libertà e il sostegno di cui hanno bisogno per svolgere il proprio lavoro. La pressione politica e gli interessi commerciali possono porre freni alla capacità degli educatori di insegnare senza vincoli di alcun genere. La libertà accademica, invece, è fondamentale per tutti gli insegnanti ad ogni livello di istruzione ed in particolare per quelli superiori."

La Bokova ha sottolineato l'importanza di un insegnamento di qualità elevata, innovativo, al passo con i tempi e libero da pressioni di ogni genere, che possa sfidare l' aumento dell'intolleranza e delle discriminazioni.

L'UNESCO ha voluto rivolgersi ai Governi di tutte le Nazioni per chiedere di impegnarsi a garantire una forza lavoro qualificata e valorizzata, con stipendi equi e costante formazione.

Ma qual è la situazione degli insegnanti nel nostro Paese?

Si calcola che in Italia, durante lo scorso anno scolastico, abbiano lavorato 684.317 insegnanti nelle sole scuole statali.

Una categoria che investe tempo e denaro in una formazione sempre più specifica e con un iter di accesso sempre più complicato (frutto di una stratificazione di riforme non sempre felici), trovandosi poi a dover lottare con l'incubo del precariato.

Si stima, infatti, che in Italia siano 210.000 i docenti precari, circa il 25% dell'intero corpo docente, per la maggior parte donne e presenti soprattutto nel nord del Paese, dove la percentuale sale al 33%.

Numeri drammatici, specialmente se confrontati con quelli dell'anno 2015/2016, quando i docenti a tempo determinato erano meno della metà, ovvero circa 100.000.

Lo stipendio medio di un insegnante italiano è, inoltre, piuttosto basso: secondo dati recenti, è inferiore al resto d'Europa, addirittura la metà di quanto percepisce un insegnante tedesco. Infine, la retribuzione cresce poco durante la carriera, restando scarsamente commisurata allo scatto d'anzianità.

Un insegnante italiano, però dichiara di lavorare in media, tra scuola e casa, circa 26 ore a settimana, contro una media europea di 33 ore. Questa differenza è dovuta soprattutto al fatto che in altre Nazioni europee il lavoro che esula dalle ore di insegnamento è disciplinato dal contratto e svolto per la maggior parte a scuola.

Negli ultimi due anni, infine, il corpo docente ha dovuto affrontare la sfida dell'insegnamento a distanza, con tutte le problematiche logistiche, didattiche e psicologiche che esso ha comportato, accrescendo il proprio bagaglio  formativo ed esperienziale con nozioni acquisite sul campo e corsi appositi. 

Oltre al continuo aggiornamento didattico, inoltre, all'odierna figura dell'insegnante sono richieste, ormai di default, competenze avanzate dal punto di vista tecnologico ed informatico. 

A fronte di un grande impegno e di un'enorme responsabilità, quale quella di educare e insegnare alle future generazioni, ciò che viene chiesto a gran voce dai sindacati, protagonisti di scioperi sempre più frequenti, è di valorizzare la figura del docente, cominciando da un adeguamento dello stipendio alla media europea, oltre che una riforma che riduca concretamente il precariato e, magari, snellisca l'iter di accesso, anteponendo la qualità dell'insegnamento alla quantità di nozioni da apprendere. 

Il tutto per tornare a porre la formazione al centro dell'attenzione della politica italiana, sulla scorta delle parole di un'insegnante che tutto il mondo ci invidia, Maria Montessori: "La società dovrebbe prodigare ai bambini le cure più perfette e più sagge, per ricavarne maggior energia e maggiori possibilità per l’umanità futura".